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02/06/2020 Progetto Trasparenza > Azioni in materia di prevenzione della corruzione - Attivita' di regolazione e consultiva

  • Attività di regolazione e consultiva

Nel corso del 2019 l’Autorità ANAC ha adottato alcune delibere a carattere generale in materia di prevenzione della corruzione, altre delibere hanno invece riguardato casi specifici. In particolare, con riferimento alla figura del RPCT sono state affrontate diverse questioni venute in rilievo nell’ambito dell’attività di vigilanza o sollevate da alcune richieste di parere pervenute da operatori di settore e dagli stessi RPCT. Tali delibere, richiamate nel PNA 2019, sono di seguito sintetizzate.

Linee guida in materia di applicazione della misura della rotazione straordinaria di cui all’art. 16, co. 1, lettera l-quater, del d.lgs. 165/2001 : Con la delibera n. 215 del 26 marzo 2019, l’Autorità, oltre a fornire indicazioni su quali siano le condotte corruttive presupposto che l’amministrazione è chiamata a tenere in conto, ai fini della decisione di ricorrere o meno all’adozione del provvedimento di rotazione straordinaria, ha ritenuto di dover precisare e rivedere alcuni propri precedenti orientamenti in materia. In particolare, si fa riferimento allo stato del procedimento penale, che rileva ai fini della valutazione della condotta del dipendente, per l’eventuale applicazione della misura della rotazione straordinaria. Per quanto riguarda i reati presupposto da tener in conto, l’Autorità ha ritenuto, rivedendo la posizione assunta precedentemente nel PNA 2016 e nell’Aggiornamento 2018 al PNA, che l’elencazione dei reati (delitti rilevanti previsti dagli articoli 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353 e 353-bis del codice penale), di cui all’art. 7 della legge 30 maggio 2015 n. 69 (Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio), per “fatti di corruzione” possa essere adottata anche ai fini della individuazione delle “condotte di natura corruttiva” ,che impongono la misura della rotazione straordinaria ai sensi dell’art.16, co.1, lettera l-quater, d.lgs. 165/2001. Tale misura, invece, è solo facoltativa nel caso di procedimenti penali avviati per gli altri reati contro la PA (di cui al Capo I del Titolo II del Libro secondo del codice penale, rilevanti ai fini delle inconferibilità di cui all’art. 3 del d.lgs.39/2013 e di cui all’art. 35-bis del d.lgs. 165/2001) e di altri delitti di maggiore allarme sociale quali quelli rilevanti per il regime delle cariche elettive di cui al d.lgs. 235/2012. Per quanto riguarda, invece, il momento del procedimento penale in cui l’amministrazione deve adottare il provvedimento di valutazione della condotta del dipendente, ai fini dell’eventuale applicazione della misura della rotazione straordinaria, l’Autorità ha ritenuto, rivedendo le indicazioni precedentemente fornite, da ultimo nell’Aggiornamento 2018 del PNA, che tale momento debba essere riferito a quello in cui il soggetto viene iscritto nel registro delle notizie di reato di cui all’art. 335 c.p.p.. In buona sostanza, la ricorrenza dei presupposti sopraindicati nonché l’avvio di un procedimento disciplinare per condotte di tipo corruttivo, impongono all’amministrazione di adottare un provvedimento adeguatamente motivato per valutare la condotta del dipendente ed eventualmente disporne lo spostamento. Il provvedimento potrebbe anche non disporre la rotazione, ma l’ordinamento raggiunge lo scopo di indurre l’amministrazione ad una valutazione trasparente, collegata all’esigenza di tutelare la propria immagine di imparzialità.

Linee guida in materia di codici di comportamento dei dipendenti pubblici : L’art. 54 del d.lgs. 165/2001 attribuisce all’ANAC il potere di definire «criteri, linee guida e modelli uniformi per singoli settori o tipologie di amministrazione ai fini dell’adozione dei singoli codici di comportamento da parte di ciascuna amministrazione». Alla luce della richiamata disposizione e a seguito degli esiti dell’attività di vigilanza svolta, l’Autorità ha ritenuto necessario emanare nuove linee guida in materia di codici di comportamento delle amministrazioni pubbliche che sostituiscano le precedenti, emanate con delibera n. 75 del 24 ottobre 2013. Il fine è quello di promuovere un sostanziale rilancio dei codici di comportamento proprio per il valore che essi hanno sia nel guidare le condotte di chi lavora nell’amministrazione e per l’amministrazione verso il miglior perseguimento dell’interesse pubblico, sia come strumento di prevenzione dei rischi di corruzione da armonizzare e coordinare con i PTPCT di ogni amministrazione. La predisposizione delle suddette linee guida è stata preceduta dalla costituzione di un apposito Gruppo di lavoro di carattere interdisciplinare, coordinato da Consiglieri dell’Autorità, per valutare le possibili misure correttive e le modalità di applicazione dei codici agli enti di diritto privato controllati o partecipati dalle pubbliche amministrazioni. A conclusione dei lavori, è stata redatta la “Relazione del Gruppo di lavoro sulle linee guida ANAC in materia di codici di comportamento dei dipendenti pubblici”, pubblicata sul sito istituzionale dell’ANAC e presentata in un incontro del 7 ottobre 2019 con esperti del settore. Sulla base della suddetta relazione è stato predisposto uno schema di linee guida, che è stato posto in consultazione pubblica dal 12 dicembre 2019 al 15 gennaio 2020 ed è stato approvato in via definitiva con delibera n. 177 del 19 febbraio 2020. Il fine delle linee guida è quello di fornire indirizzi interpretativi e operativi volti a orientare le amministrazioni nella predisposizione di nuovi codici di comportamento che integrino e specifichino i doveri minimi posti dal d.P.R 62/2013 con contenuti che non siano meramente riproduttivi del codice generale, ma che siano utili al fine di realizzare gli obiettivi di una migliore cura dell’interesse pubblico. Si è quindi posto in primo luogo l’accento sul fondamento costituzionale dei codici di comportamento, vale a dire i principi costituzionali che impongono che le funzioni pubbliche siano svolte con imparzialità (art. 97 Cost.), al servizio esclusivo della Nazione (art. 98 Cost.) e con “disciplina e onore” (art. 54, co. 2, Cost.). Sono state fornite indicazioni sulle differenze tra il codice di comportamento che le singole amministrazioni sono tenute ad adottare e il codice generale nazionale emanato con d.P.R 62/2013, in una logica di pianificazione a cascata propria della legge 190/2012, giacché il primo integra e specifica le regole e i doveri minimi contenuti nel secondo di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare. Sono state poi ribadite le differenze tra codici di comportamento e codici “etici”, “deontologici” o comunque denominati. Si è insistito anche sullo stretto collegamento che deve sussistere tra i codici e il PTPCT di ogni amministrazione, in virtù del convincimento che l’amministrazione per creare un buon sistema di prevenzione della corruzione deve ottimizzare tutti gli strumenti di cui dispone, mettendone in relazione i contenuti. In via del tutto analoga, suggerimenti sono stati forniti per favorire il coordinamento tra gli obblighi di condotta considerati nel codice di comportamento per i propri dipendenti e il sistema di valutazione e misurazione della performance. Sotto il profilo dell’ambito soggettivo di applicazione, sono state fornite indicazioni con riferimento sia ai soggetti (pubbliche amministrazioni e altri enti) tenuti all’adozione dei codici, che al personale tenuto a rispettare i doveri di comportamento in essi indicati. Specifici suggerimenti hanno riguardato gli enti pubblici economici, le società a controllo pubblico e gli altri enti di diritto privato di cui all’art. 2-bis, co. 2, del d.lgs. 33/2013 tenuti a individuare doveri di comportamento da coordinare con le misure di prevenzione della corruzione passiva adottate, integrando il codice etico adottato ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231. Ampio spazio è stato poi dedicato ai rapporti con la contrattazione collettiva. A seguito dell’entrata in vigore della l. 190/2012, che ha conferito rilievo disciplinare alle violazioni dei codici di comportamento, è infatti emerso il problema della concorrenza fra fonti unilaterali di disciplina dei doveri di comportamento (legge, codice di comportamento nazionale e codici di comportamento di amministrazione) e fonti contrattuali, nazionali e di settore. Una parte importante delle linee guida è stata infine dedicata al processo di formazione dei codici, insistendo sulla necessaria partecipazione allo stesso da parte di tutta la struttura amministrativa ed auspicando una efficace formazione dei dipendenti.

Linee guida in materia di tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza in ragione di un rapporto di lavoro, ai sensi dell’art. 54-bis, del d.lgs, 165/2001 : Un altro importante atto regolatorio cui l’Autorità si è dedicata nel corso del 2019, come anticipato le capitolo precedente, attiene alle linee guida in materia di tutela del whistleblower; si tratta di un’importante misura di prevenzione della corruzione introdotta nel nostro ordinamento dalla legge 190 del 2012 che ha inserito, nel corpo del d.lgs. 165 del 2001, l’art 54-bis. Tale norma riguarda la tutela del dipendente pubblico che segnala condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro. L’istituto è stato poi oggetto di riforma ad opera della legge 30 novembre 2017, n. 179 che, tra l’altro, ha direttamente attribuito all’ANAC il compito di adottare linee guida relative alle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. Il fine delle linee guida è quello di fornire indicazioni alle pubbliche amministrazioni e agli altri enti a esse assimilati, tenuti a prevedere misure di tutela per il dipendente che segnala condotte illecite che attengono all’amministrazione di appartenenza, ma anche ai soggetti che intendano fare segnalazioni di whistleblowing. In particolare sono stati definiti i concetti di “condotta illecita” e di “salvaguardia dell’interesse all’integrità della pubblica amministrazione” che assumono carattere rilevante ai fini di una corretta attuazione dell’istituto, poiché è dalla combinazione tra questi due requisiti che emerge l’interesse del legislatore per la tutela del whistleblower. Ampio spazio è poi stato dedicati alle modalità di tutela del whistleblower nonché alle condizioni che impediscono di beneficiare della stessa. Alle modalità di gestione della segnalazione, preferibilmente da svolgersi in via informatizzata, è dedicata la seconda parte delle linee guida, in cui si dà atto delle procedure da seguire per la trattazione delle segnalazioni, dalla fase di invio e ricezione a quella di valutazione della stessa. In particolare è stato approfondito il tema dei poteri del RPCT nella gestione delle segnalazioni di whistleblowing, evidenziando, in linea con le indicazioni già fornite nella delibera dell’11 ottobre 2018, n. 840, che non spetta al RPCT svolgere controlli di legittimità o di merito su atti e provvedimenti adottati dall’amministrazione oggetto di segnalazione né accertare responsabilità individuali. L’ultima parte delle linee guida, infine, è dedicata alle procedure gestite da ANAC con riferimento sia alle segnalazioni di condotte illecite che alle ipotesi di misure ritorsive nei confronti del segnalante. Lo schema delle linee guida, dopo una consultazione pubblica e dopo il parere del Garante della protezione dei dati personali, è stato sottoposto al parere del Consiglio di Stato che si è espresso con parere n. 6 del 24 marzo 2020.

L’incarico di RPCT al Comandante della polizia locale : Nella delibera n. 333 del 20 giugno 2019 l’ANAC ha approfondito il tema dell’opportunità di attribuire l’incarico di RPCT al Comandante della polizia locale, giungendo alla conclusione per cui al Comandante della Polizia locale può essere attribuito anche l’incarico di RPCT con le necessarie cautele da parte dell’organo di indirizzo cui spetta l’onere di valutare eventuali situazioni, anche potenziali, di conflitto d’interessi tra le diverse funzioni, specie laddove al Comandante della polizia locale sia assegnata anche la titolarità di altri uffici dell’amministrazione con funzioni di gestione e amministrazione attiva.

Condanna per danno erariale e ruolo di RPCT : Con la delibera n. 650 del 17 luglio 2019 l’Autorità ha chiarito che ai fatti che costituiscono presupposto delle sentenze di condanna per danno erariale, nelle ipotesi di dolo, si deve attribuire lo stesso disvalore dei fatti che determinano una fattispecie di reato. Pertanto una condanna, anche non definitiva, da parte della Corte dei conti per comportamento doloso incide sul requisito della condotta integerrima del RPCT, ai fini del conferimento e/o del mantenimento dell’incarico. Una condanna per colpa grave, invece, deve essere di volta in volta valutata dall’amministrazione.

RPCT e componente/titolare dell’ufficio procedimenti disciplinari : Con delibera n. 700 del 23 luglio 2019 l’Autorità ha fornito chiarimenti sulla questione del contemporaneo svolgimento in capo allo stesso soggetto delle funzioni di RPCT e di quelle di componente dell’Ufficio dei Procedimenti Disciplinari (UPD) ovvero, nel caso di composizione monocratica, di titolarità del medesimo ufficio. In tale atto si è ritenuto che in via generale, non sussiste - specie nel caso in cui l’UPD sia costituito come organo collegiale - una situazione di incompatibilità tra la funzione di RPCT e l’incarico di componente dell’UPD, ad accezione dei casi in cui oggetto dell’azione disciplinare sia un’infrazione commessa dallo stesso RPCT. Ciononostante, è stato raccomandato alle pubbliche amministrazioni e agli enti interessati, laddove possibile, di distinguere le due figure, soprattutto nelle amministrazioni e negli enti di maggiori dimensioni e nel caso in cui l’UPD sia un organo monocratico.

Unione dei comuni e modalità semplificate di predisposizione di PTPCT : Alcuni approfondimenti sono stati dedicati all’elaborazione del PTPCT da parte delle Unioni dei comuni. In particolare, con delibera n. 569 del 12 giugno 2019 l’Autorità, a seguito di una richiesta di parere, ha fornito indicazioni in merito alla modalità di predisposizione del PTPCT e alla nomina del RPCT da parte di una Unione di Comuni, socia al 100% di una Azienda pubblica Servizi alla Persona (ASP). All’esito di una approfondita istruttoria sulla natura giuridica e sulle funzioni svolte da questi due enti, l’Autorità ha ritenuto non condivisibile la soluzione di nominare un unico RPCT e di adottare un unico PTPC contenente i rischi e le misure di prevenzione riferite ai due enti. La possibilità di adottare PTPCT con modalità semplificate è stata prevista dall’Autorità nel PNA 2016 solo con riferimento a casi specifici, quali, ad esempio, i piccoli comuni (§ 3.1). In ogni caso, anche laddove previste semplificazioni, queste non possono mai tradursi nella legittimazione a non adottare i PTPC, essendo volte, per quanto possibile, a ridurre oneri nella predisposizione dei PTPC. Alla luce di quanto sopra, l’Autorità ha stabilito, dunque, l’obbligo per l’Unione dei comuni e per l’ASP, di predisporre ognuno il proprio PTPC, auspicando comunque un coordinamento costante e costruttivo tra i RPCT dei due enti, al fine di assicurare il coordinamento fra i due PTPC nelle parti ritenute, alla luce dell’analisi del contesto esterno e interno svolto, di interesse comune. Sempre sul tema delle Unioni di comuni, viene in rilevo la delibera n. 881 del 25 settembre 2019, con la quale l’Autorità ha offerto chiarimenti in merito alla possibilità per una Unione di Comuni con poco più di 8500 abitanti di adottare un PTPC con modalità semplificate. Al riguardo, l’Autorità ha ritenuto la soluzione elaborata con specifico riferimento ai Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti non ragionevolmente applicabile alle Unioni di comuni, essendo già previste per queste ultime indicazioni per la semplificazione nel PNA 2016 e nell’Approfondimento 2018 al PNA. Come chiarito dall’Autorità, infatti, va assicurato che l’obiettivo di semplificazione non si traduca in una ulteriore “semplificazione della semplificazione”, vale a dire in una eccessiva riduzione degli obblighi di prevenzione della corruzione e della trasparenza, comunque previsti a carico delle amministrazioni, con riferimento alla predisposizione dei PTPC.

Applicazione della normativa sulla prevenzione della corruzione e trasparenza alle Istituzioni scolastiche paritarie: L’Autorità, con delibera n. 617 del 26 giugno 2019, si è soffermata sul tema della riconducibilità degli istituti scolastici paritari nel novero delle “pubbliche amministrazioni” di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001 o nell’ambito delle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, in possesso di alcuni requisiti, di cui al comma 3 dell’art. 2-bis del d.lgs. 33/2013, ai fini dell’applicazione delle misure di prevenzione della corruzione e della trasparenza. Nello specifico l’Autorità ha evidenziato innanzitutto che le scuole paritarie, sono istituzioni scolastiche non statali in quanto non gestite dallo Stato. A seconda della natura dell’ente gestore, esse possono essere pubbliche o private. Nel primo caso sono gestite dal comune, dalla provincia o dalla regione. Nel secondo caso da privati laici o religiosi. Tali scuole rinvengono la propria disciplina in diverse disposizioni normative sia di livello costituzionale (art. 33 Cost.) sia di normazione primaria (legge 10 marzo 2000, n. 62). Considerata la gestione privatistica e l’autonomia, organizzativa e finanziaria, che connotano gli istituti scolastici paritari, nella delibera, si è escluso che tali istituti possano essere equiparati alle scuole statali e quindi alle “pubbliche amministrazioni” . Le scuole paritarie, piuttosto, ove in possesso del requisito del bilancio superiore a cinquecentomila, sono inquadrabili negli enti di cui al co. 3 dell’art. 2-bis, rientrando l’attività di tali istituti - che attiene alle discipline dell’istruzione, della formazione e della cultura - nel concetto di “attività di pubblico interesse”, (cfr. delibera 1134/2017). L’Autorità, dunque, nel richiamare gli orientamenti già espressi nella suddetta delibera con riferimento agli enti di cui al co. 3 dell’art. 2-bis, ha disposto che agli istituti paritari si applichino le medesime disposizioni in materia di trasparenza previste per le pubbliche amministrazioni, in quanto compatibili, limitatamente all’attività di pubblico interesse, ma non le disposizioni in materia di prevenzione della corruzione di cui alla l. 190/2012. Tuttavia, in considerazione delle finalità istituzionali svolte nell’interesse degli iscritti, ha stabilito che anche per gli istituti paritari, pur in assenza di un obbligo normativo, è auspicabile l’adozione di misure di prevenzione della corruzione, dal momento che per essi, come per tutti gli enti di cui al co. 3 dell’art. 2-bis, non viene meno l’interesse generale alla prevenzione della corruzione.

Società a partecipazione pubblica: sulla configurabilità del controllo pubblico congiunto : Come già anticipato nella parte della presente relazione dedicata al PNA, l’Autorità ha dato indicazioni in merito alla configurabilità del controllo pubblico congiunto nelle società ai fini della vigilanza in materia di anticorruzione e trasparenza. Occorre premettere che l’esigenza di un nuovo pronunciamento dell’Autorità in materia, dopo l’adozione della delibera n.1134 de l20 novembre 2017 (recante le “Nuove linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici”), è emersa a seguito delle problematiche interpretative e applicative originate dai continui, non concordi, interventi giurisprudenziali, che evidenziano le criticità connesse alla valutazione, spesso complessa, degli elementi caratterizzanti il controllo esercitabile dalle pubbliche amministrazioni. In materia si è registrato, tra l’altro, l’orientamento del MEF del 15 febbraio 2018, adottato in relazione ai compiti di monitoraggio, indirizzo e coordinamento sulle società a partecipazione pubblica attribuiti al medesimo Ministero dall’art. 15 del Testo unico sulle società pubbliche (TUSP) mentre, con delibera n. 11 del 20 giugno 2019, le Sezioni riunite della Corte dei Conti in sede di controllo, pronunciandosi con un orientamento generale richiesto dalla Sezione regionale per l’Umbria (delibera n. 57/2019/PAR), hanno esaminato la questione di massima «se le società a maggioranza pubblica, partecipate da più enti ciascuno dei quali intestatario di quote inferiori al 50 per cento, siano da considerare o meno come società controllate dai soci pubblici». Nella delibera n. 859 del 25 settembre 2019, l’Autorità ha approfondito il tema del controllo che può essere esercitato nelle società partecipate da una pluralità di amministrazioni, tenuto conto delle definizioni contenute nel d.lgs. 175/2016 e delle criticità emerse in sede di vigilanza, connesse alla valutazione spesso complessa degli elementi caratterizzanti il controllo pubblico. Alla luce dei principali orientamenti maturati sia dalla giurisprudenza amministrativa e contabile sia dal MEF, è stato precisato che, ai soli fini dell’esercizio dell’attività di vigilanza, l’Autorità considera la partecipazione di più amministrazioni al capitale sociale in misura complessivamente maggioritaria quale indice presuntivo del rapporto di controllo, con la conseguente applicabilità delle norme previste per le società a controllo pubblico nella l. 190/2012 e nel d.lgs. 33/2013. Spetta, invece, alla società interessata - che intenda contestare tale qualificazione - dimostrare l’assenza del coordinamento formalizzato tra i soci pubblici, desumibile da norme di legge, statutarie o da patti parasociali, ovvero l’influenza dominante del socio privato, ove presente nella compagine societaria. In ogni caso, restano ferme le definizioni contenute nell’art. 2 del d.lgs. 39/2013 per l’individuazione degli enti di diritto privato in controllo pubblico, ai fini dell’applicazione della disciplina in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi.

Fonte: Anac Progetto trasparenza > Prevenzione della corruzione e della trasparenza

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