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02/06/2020 Progetto Trasparenza > Azioni in materia di prevenzione della corruzione - Funzioni incompatibili successive - pantouflage

  • Funzioni incompatibili successive - pantouflage

L’Autorità ANAC si è occupata di segnalazioni e richieste di pareri in tema di “incompatibilità successiva”, nota come “pantouflage” o “revolving doors”, disciplinata dall’art. 53, comma 16-ter, del d.lgs. 165/2001, introdotta con precise finalità di contenimento del rischio di situazioni di corruzione connesse all’assunzione del dipendente pubblico da parte di un privato, successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione. In particolare, all’ANAC è attribuito uno specifico potere consultivo in materia, secondo quanto stabilito dall’articolo 1, comma 2, lettera e), della legge 190/2012, come disciplinato dal regolamento per l’esercizio della funzione consultiva dell’Autorità del 21 novembre 2018. I pareri resi in materia di pantouflage costituiscono esercizio di tale attività consultiva, come tale non vincolante nei confronti dei soggetti destinatari. Quelle dell’Autorità, infatti, sono indicazioni che costituiscono il risultato dell’esercizio di una funzione autonomamente prevista, assegnata a un’Autorità indipendente, che la esplica senza condizionamenti derivanti dalla cura di interessi concreti, congiuntamente ai compiti operativi affidati per la regolazione del settore di riferimento. Sul punto, di recente, il TAR Lazio- sezione I – con la sentenza n. 6069 del 16 maggio 2019, ha stabilito che «[…] al fine di dare una valenza giuridica al parere facoltativo previsto dall’art. 1, comma 2, lett. e), legge 6 novembre 2012, n. 190, nel silenzio della legge si deve ritenere che anche in tale ipotesi l'Amministrazione, ente pubblico o ente privato in controllo pubblico che intenda procedere al conferimento dell'incarico, deve motivare l'atto tenendo conto delle osservazioni dell'Autorità]. Nell’ambito della propria competenza di carattere consultivo, l’Autorità si è espressa in merito all’applicabilità dell’istituto nei confronti di una società pubblica, con specifico riguardo ai titolari di incarichi che, per il ruolo e la posizione ricoperti, abbiano avuto il potere di esercitare la potestà o il potere negoziale per conto della società. Sul caso l’Autorità ha adottato la delibera n. 647 del 10 luglio 2019 in cui si è ritenuto che, a presidio dell’interesse pubblico generale, tenuto conto che la società svolge sia attività di carattere commerciale sia attività che si inseriscono nel più generale esercizio di pubblico servizio gestito dalla società, l’istituto del pantouflage sia applicabile, ma esclusivamente con riguardo all’attività rivolta alla realizzazione della mission istituzionale di pubblico servizio a favore della capogruppo. Pertanto, al fine di escludere la ricorrenza della fattispecie di pantouflage, l’ANAC ha ritenuto necessaria una valutazione caso per caso, volta a verificare che il dipendente, che abbia concluso il rapporto di lavoro e intenda assumere un incarico presso soggetti privati, non abbia svolto attività rivolta a soddisfare prettamente le esigenze di servizio pubblico e non abbia esercitato poteri autoritativi e negoziali a beneficio del soggetto privato presso cui intende assumere l’incarico. In un altro caso, l’Autorità è stata chiamata a valutare la presunta violazione della disciplina del pantouflage da parte di un ex direttore generale di un dipartimento di un ente regionale, il quale, a seguito del pensionamento, ha assunto l’incarico di direttore presso una federazione che associa enti che si occupano della realizzazione e gestione delle abitazioni sociali realizzate con fondi pubblici, tra i cui rientra anche l’Azienda per l’Edilizia Residenziale – ALER, a favore della quale il direttore regionale aveva adottato diversi provvedimenti. Con la delibera n. 917 del 2 ottobre 2019, l’Autorità ha ritenuto di escludere una violazione dell’art. 53, co. 16-ter, del d.lgs. 165/2001 per difetto del requisito essenziale della fattispecie di pantouflage, ovvero l’aver esercitato, in veste di dipendente pubblico, un potere autoritativo o negoziale nei confronti di un soggetto privato. Ciò in quanto, l’ex dipendente pubblico aveva esercitato poteri autoritativi non nei confronti della Federazione nella quale aveva assunto l’incarico successivamente alla cessazione dell’incarico pubblico, ma nei confronti delle ALER, ossia enti pubblici di natura economica, sottoposti alla vigilanza e alla regolazione da parte della regione. La relativa massima, pubblicata sul sito istituzionale, chiarisce pertanto, che non si può ritenere configurato l’esercizio di poteri autoritativi o negoziali per conto di pubbliche amministrazioni nei confronti di soggetti privati, come richiesto dall’art. 53 co. 16 ter del d.lgs. 165/2001, nel caso in cui il Direttore Generale di un Dipartimento di un ente regionale negli ultimi tre anni di servizio abbia adottato provvedimenti amministrativi nei confronti delle aziende per l’edilizia residenziale regionale, nell’esercizio del potere di regolazione e vigilanza della regione. Si ricorda, inoltre, il caso di una ONLUS che ha richiesto un parere all’Autorità in quanto intendeva avvalersi, nell’ambito dei comitati scientifici del proprio consiglio direttivo, della collaborazione occasionale di un ex dipendente pubblico, il quale prima del pensionamento, aveva prestato servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. A seguito dell’analisi dei precedenti in materia, si è concluso che all’espressione “attività lavorativa o professionale” prevista dall’art. 53, comma 16-ter d.lgs. 165/2001, si possano ricondurre esclusivamente i rapporti di lavoro autonomo o subordinato con i soggetti privati che siano stati destinatari di provvedimenti, contratti o accordi delle amministrazioni pubbliche. Il conferimento di un incarico, nell’ambito del comitato scientifico di un comitato direttivo di un’associazione, riveste il carattere di attività di collaborazione occasionale, non essendo connotato da un’attività stabile e organizzata, né tantomeno subordinata. Tale attività pertanto non rientra nella definizione di “attività lavorativa subordinata o professionale” prevista dall’art. 53, comma 16 ter, del d.lgs. n. 165/2001. In merito all’attività di vigilanza dell’ANAC in materia di pantouflage, occorre dar conto del contenzioso amministrativo che aveva portato all’emanazione della sentenza del Tal Lazio n. 11494/2018, in cui il giudice amministrativo aveva ritenuto che il potere di intervento dell’ANAC in materia di pantouflage in relazione a soggetti non riconducibili alla pubblica amministrazione fosse circoscritto all’adozione di pareri “facoltativi”. L’Autorità ha ritenuto opportuno impugnare la pronuncia del TAR, ritenendo che il ruolo di soggetto di riferimento nell’ambito del sistema anticorruzione riconosciutole dalla l. 190/2012 le consenta di svolgere tutte le attività finalizzate ad accertare le violazioni del sistema stesso, quindi anche di esercitare poteri ispettivi e di accertamento di tutte le fattispecie inerenti il conferimento di incarichi, compresa quella di incompatibilità successiva di cui all’art. 53, co. 16-ter, del d. lgs. 165/2001. Infine, il Consiglio di Stato con sentenza n. 7411 del 29 ottobre 2019, definitivamente pronunciandosi, ha riconosciuto la competenza dell’Autorità Nazionale Anticorruzione in merito alla vigilanza e all’accertamento delle fattispecie di pantouflage previste dall’art. 53, comma 16-ter, del d.lgs. 165/2001. Nella sentenza il Consiglio di Stato ha affermato che l’art. 16 del d.lgs. 39 del 2013 attribuisce all’Autorità Nazionale Anticorruzione il generale compito di vigilare «sul rispetto, da parte delle amministrazioni pubbliche, degli enti pubblici e degli enti di diritto privato in controllo pubblico, delle disposizioni di cui al presente decreto, anche con l'esercizio di poteri ispettivi e di accertamento di singole fattispecie di conferimento degli incarichi» a sua volta, l’art. 21 del medesimo decreto richiama esplicitamente la disciplina di cui all’art. 53, comma 16-ter del d.lgs. 165 del 2001 al fine specifico di estenderne in tale contesto il campo di applicazione. Quindi, l’art. 16 del d.lgs. 39/ 2013 sancisce una specifica, ancorché non testuale, attribuzione di competenza in favore dell’ANAC anche in ordine all’accertamento della nullità dei contratti di cui si tratta «in quanto naturale e coerente predicato dell’attribuzione della competenza ad accertare le violazioni del sistema». Il Consiglio di Stato ha quindi stabilito che spettano all’ANAC i previsti poteri sanzionatori. Come evidenziato nel Comunicato del Presidente dell’ANAC del 30 ottobre 2019, il nesso finalistico fra la norma assistita dalla sanzione amministrativa e le funzioni attribuite all’Autorità individuano nell’ANAC il soggetto che ha il compito di assicurare, all’esito dell’accertamento di una situazione di pantouflage, la nullità dei contratti sottoscritti dalle parti, nonché l’adozione delle conseguenti misure sanzionatorie. La decisione del Consiglio di Stato è senz’altro utile e rilevante per superare alcune delle questioni interpretative, tuttavia, permangono dubbi, in particolare, sull’automaticità delle conseguenze derivanti dall’accertamento, oltre all’opportunità di stabilire chiaramente nella norma che è ANAC l’Autorità competente per l’accertamento del divieto e per l’irrogazione delle conseguenti sanzioni. Per tali motivi l’Autorità ha emanato uno specifico atto di segnalazione al Governo e al Parlamento, approvato con delibera n. 448 del 27 maggio 2020.

Fonte: Anac Progetto trasparenza > Prevenzione della corruzione e della trasparenza

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